Giallo, morbido e fumante è un alimento unico, ricco di storia, simbolo del presente e del passato.
Definito come pane dei poveri, la mamaliga, così viene chiamata la polenta da queste parti, alimento intimamente connesso con l'evoluzione dell'uomo ma anche specchio delle condizioni di vita della società, rappresenta oggi una ricercata specialità gastronomica.
La polenta è da sempre un cibo trasversale che piace a tutti. Storicamente divenne in tempo di guerre e carestie alimento dei poveri, riscoperta come fonte economica di calorie anche se carente in principi nutritivi, in modo particolare di vitamine: nelle sue infinite variazioni, è patrimonio comune di ogni civiltà della terra come primaria e arcaica forma di sostentamento.
Ma come è possibile che un piatto che è sempre stato legato alla fame, alla carestia e alla malattia, un cibo povero per definizione, sia diventato una pietanza della festa come qui in Moldova?
È una faccenda che riguarda la tavola come tradizione, come atteggiamento. Il gusto della polenta come cibo semplice, depositario di un sapere antico e fortemente identitario, è un filo collegato a un presunto sistema di valori del nostro passato, alla saggezza popolare e, non per ultimo, al ricordo, anche solo viscerale, di potersi riempire facilmente la pancia.
Conosciuto già dalle antiche civiltà (Maya, Aztechi), il mais è stato importato in Europa dopo la scoperta dell’America, ma è nel 1600 che trova ampia diffusione nelle regioni balcaniche, durante l’Impero Ottomano, cosa che probabilmente gli è valsa il titolo di “grano turco”.
Un'altra attendibile ipotesi afferma che, dopo essere stato importato in Spagna dal Nuovo Mondo alla fine del XV secolo e coltivato per la prima volta in Andalusia dai contadini arabi rimasti in questa terra, fu portato dagli stessi in Turchia, dove si iniziò a seminarlo. Le Repubbliche Marinare italiane che commerciavano con la Turchia lo riportarono in Europa e fu chiamato "grano turco" proprio per questo motivo.
Dovranno passare duecento anni dalla sua introduzione in Occidente, perché il nuovo "grano" sia accettato dai contadini europei, "grazie" alle disastrose carestie che flagelleranno questi popoli, sopperendo con il mais, bisognoso di poche cure e con un altissima resa, se confrontato con altri cereali, in particolare il frumento.
La sua ascesa crebbe in modo incontrollato, passando dai giardini alle campagne, per mutarne definitivamente la geografia. E per un semplice motivo: la fame. Questo secolo fu infatti segnato da una serie ciclica di tremende carestie. Il mais era una soluzione ottimale, un prodotto nuovo, e fu utilizzato per un impiego antico.
La cucina moldava è fortemente legata ai prodotti della terra e vanta un'apprezzabile gamma di sapori e profumi che fanno della sua gastronomia un'arte ricca e variegata.
L’amore per la polenta delle popolazioni moldave è un amore che dura da tempo: durante questo lunghissimo periodo si è stabilito tra quel cibo e le persone che se ne nutrivano un rapporto di dipendenza che la miseria e la fame da sole non bastano a spiegare, e che arrivò a toccare anche la sfera dei sentimenti.
Nel 1897 lo scrittore irlandese Bram Stoker cita la polenta nel suo romanzo ispirato a Vlad III di Valacchia: "...Per colazione ancora paprika, una specie di semolino di granoturco che chiamano mamaliga, e melanzane ripiene di carne trita ...".
E’ perfino curioso il fatto che il nome di questa pietanza “mamaliga” ricordi quello della "meliga", tipico biscotto piemontese a base di farina di mais.
Ricetta dai sapori antichi, è molto diffusa nella tradizione culinaria moldava: gli ingredienti sono molto semplici e richiedono solo farina di mais, acqua e sale. Viene tradizionalmente preparata in un recipiente speciale, chiamato ceaun, una casseruola apposita realizzata in ghisa, in modo da acquistare la forma di una cupola o di un sole giallo nel piatto.
La polenta viene servita generalmente con panna acida, brânză (formaggio di primo sale, sbriciolato), jumări (lardo passato in padella). E’ abbinato con scrob (uova strapazzate), con pesce fritto con mujdei (aglio tritato passato in pochissimo olio con l’aggiunta di qualche goccia di acqua) ma trova il suo abbinamento ideale con la "friptura", carne di maiale precedentemente cotta in padella con cipolla o altri tipi di carne.